Teca 03

Gli studi mostrano che già in epoca etrusca il paesaggio della Bassa Val di Cecina doveva essere caratterizzato dalla coltura della vite: per il territorio di Montescudaio lo dimostrano il famoso cinerario con scena di banchetto e le roncolette da vino miniaturistiche rinvenute nei corredi delle tombe etrusche del sito di Scornabecchi.

Nel periodo tardo romano la produzione del vino in questo comprensorio doveva essere organizzata su diversi livelli: una “minore” per l’autoconsumo, gestita dalle fattorie dell’entroterra, come si può dedurre anche dal rinvenimento di frammenti di anfore vinarie durante le ricognizioni e gli scavi della Badia di Montescudaio; e una produzione specializzata e più articolata gestita dalle ville rustiche. Quest’ultime erano localizzate principalmente sulla costa, dotate di quartieri artigianali per la fabbricazione di anfore e per la gestione dei processi di vinificazione, stoccaggio e successiva distribuzione.
I ritrovamenti di accumuli di materiali ceramici, costituiti da scarti di anfore bollate, ceramiche e laterizi, come quelli del sito in località La Mazzanta, testimoniano la vivacità produttiva di questi centri artigianali, localizzati nel tratto costiero tra le foci dei fiumi Cecina e Fine, per sfruttare le risorse locali, acqua, cave di argilla e legname, e la vicinanza dei porti e degli approdi fluviali.

Il vino prodotto nell’area cecinese e volterrana raggiunse Roma, l’Etruria settentrionale e arrivò fino in Gallia e nella valle del Reno, grazie al sistema di approdi e scali presente nel tratto che va dalla foce del Cecina a Vada Volaterrana: qui è stato scavato un quartiere portuale in località San Gaetano realizzato alla fine del I sec. a.C., articolato in strutture commerciali, cisterne e magazzini.

Presso gli horrea sostavano le merci in transito, alcune pronte per essere caricate sulle navi in partenza, altre destinate a essere vendute e distribuite nel territorio volterrano. Il fiorente mercato del vino volterrano conobbe una graduale contrazione a partire dalla fine del II sec. d.C., per poi ridursi alle soglie dell’età tardo antica, quando le fornaci e i centri produttivi anche nella zona di Montescudaio risultano ormai abbandonati.