CeDiAS

Uno dei principali indicatori del benessere economico del monastero e della capacità di approvvigionarsi di beni da distretti commerciali diversi è testimoniato dai reperti ceramici. Se nel XIII secolo sulla tavola della Badia si trovavano recipienti prodotti nella zona di Pisa e Volterra, ma anche da Tunisia, Italia meridionale e Liguria, tra XIV e XVI secolo si nota un certo mutamento nelle aree di provenienza del vasellame in uso nel monastero. Alle maioliche pisane subentrano i recipienti smaltati delle manifatture di area fiorentina e senese. A queste si affiancano piatti e scodelle in ceramica ingobbiata e graffita fabbricata nella Toscana centro-settentrionale e in area emiliana. In cucina prevalgono i recipienti in ceramica grezza delle manifatture locali, mentre nella dispensa trovano posto anche i catini di Figline di Prato.

Diverse scodelle e piatti utilizzati alla Badia in questo periodo mostrano forme geometriche incise a sgraffio sotto il piede dopo la cottura e finitura della ceramica [07_12]. Si tratta di un fenomeno riscontrato diffusamente nel vasellame di siti conventuali di età tardo medievale e moderna, sia in Italia che in ambito mediterraneo. Le motivazioni all’origine di questo fenomeno non sono certe: dato che questa abitudine si riscontra maggiormente nelle comunità monastiche femminili, è stato ipotizzato che potesse trattarsi di un sistema per contrassegnare i corredi dotali delle converse confluiti nelle strutture comunitarie al momento di prendere i voti.